La resistenza delle erbe infestanti agli erbicidi è in continuo aumento.

Nel Midwest degli Stati Uniti, la resistenza delle erbe infestanti agli erbicidi è in continuo aumento. Il terzo rapporto annuale della Plant Clinic dell’Università dell’Illinois, relativo al 2016, ha analizzato la resistenza a due gruppi di erbicidi: il glifosato, che inibisce la sintesi degli amminoacidi aromatici, e gli inibitori della PPO (enzima protoporfirinogeno ossidasi). I ricercatori hanno studiato circa duemila campioni di erbe infestanti provenienti da 593 campi coltivati di dieci Stati del Midwest, soprattutto dell’Illinois. I risultati sono preoccupanti: il 76,8% dei 593 campi coltivati ha mostrato resistenza al glifosato, il 62,5% agli inibitori della PPO e il 49% a entrambi i gruppi di erbicidi. I ricercatori dell’Università dell’Illinois sottolineano come destino particolare preoccupazione i campi con piante che hanno sviluppato la resistenza a entrambi i gruppi di pesticidi, perché ci sono poche possibilità di controllo di queste erbe infestanti. La resistenza ad entrambi i gruppi di pesticidi va dal 48,1% dei 478 campi analizzati dell’Illinois al 74,7% dei campi dello Iowa al 34,6% del Minnesota.

La ricerca dell’Università dell’Illinois ha preso in esame due erbe infestanti, Amaranthus rudis e tuberculatus e Amarantus palmer. Nell’aprile 2015, l’Agenzia per l’ambiente statunitense aveva lanciato l’allarme allertando i coltivatori sul fatto che 14 specie di erbe infestanti su 60 milioni di ettari di terreni agricoli, avevano sviluppato resistenza al glifosato, l’ingrediente chiave dell’erbicida Roundup della Monsanto e di oltre 700 altri prodotti, classificato come probabile cancerogeno dallo Iarc, l’Istituto dell’Organizzazione mondiale della sanità per la ricerca sul cancro. Per contrastare questa resistenza, che si sta diffondendo rapidamente, l’Environmental Protection Agency (EPA) aveva deciso un programma di gestione, comprendente il monitoraggio delle infestanti, istruzioni agli agricoltori e piani di bonifica.

 

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ezio
ezio
18 Febbraio 2017 12:06

Piuttosto che produrre OGM nelle piante e negli animali, con tutte le conseguenze che osserviamo solo “dopo” aver creato danni e squilibri planetari non solo ambientali ed economici, ma avendo creato maggiori problemi di quelli che avevamo già senza risolverli, bisognerebbe mappare geneticamente qualche testa calda che promuove queste belle iniziative scientifiche.
Magari scopriremo che sono più adatti per la ricerca nella colonizzazione di Marte, piuttosto che migliorare le specie vegetali ed animali sulla Terra, quindi pronti per essere spediti in quel pianeta alla prima occasione, ma prima che trasformino il nostro pianeta come il suolo marziano.