allevamenti, mucche al pascolo
Fattorie Osella è la prima azienda in Italia ad aver avviato un programma di valutazione del benessere animale negli allevamenti di vacche da latte

Il benessere animale è un tema che interessa molto i consumatori e per questo motivo diverse aziende cominciano a impegnarsi per rispondere alle nuove sensibilità. Un segnale importante viene da Fattorie Osella, l’azienda piemontese produttrice della famosa Robiola che risulta essere la prima in Italia ad aver applicato un programma di valutazione del benessere animale nelle vacche da latte. Il percorso avviato all’inizio del 2016,con la collaborazione dell’associazione Compassion in World Farming (Ciwf), ha coinvolto 38 allevamenti piemontesi abituali fornitori di latte al caseificio che hanno adottato il  disciplinare del Centro di referenza nazionale del benessere animale (CReNBA) dell’Istituto zooprofilattico di Lombardia ed Emilia Romagna. Si tratta di un’iniziativa volontaria, dato che la legge in materia (DL 147/2001 sulla protezione degli animali da reddito) fornisce indicazioni generiche, e in Europa non esiste una norma specifica. Il  disciplinare consta di 90 indicatori di benessere per gli animali da reddito, definiti in base a ricerche scientifiche o sulla base di documenti dell’agenzia europea per la sicurezza alimentare Efsa e include parametri biologici, zootecnici o comportamentali. I diversi elementi – possibilità di muoversi, accesso a cibo e acqua, salubrità degli ambienti,  come pure gli  indicatori relativi alla salute (zoppie, mastiti o lesioni)  – sono valutati e tradotti in un punteggio che esprime le condizioni di benessere.

mucche allevamento latte mungere
Con la certificazione CReNBA tutti gli allevamenti fornitori hanno raggiunto lo standard di benessere animale

“La certificazione CReNBA è una fotografia dell’esistente”, spiega Elisa Bianco, responsabile settore alimentare di Ciwf, “non vuol dire necessariamente che gli animali stiano tutti bene, ma solo che è stato raggiunto un certo standard: l’importante è applicarla, come sta facendo Osella, coinvolgendo gli allevatori per poi puntare al miglioramento degli indicatori com’è stato già fatto rispetto ad alcuni parametri”.

“Il punteggio raggiunto è di buon livello – precisa Paolo Amadori, business manager di fattorie Osella – ma rappresenta comunque un punto di partenza. La valutazione è stata fatta dall’istituto zooprofilattico che ha suggerito le modifiche necessarie per raggiungere lo standard richiesto. Non si tratta di una valutazione una tantum ma di definire obiettivi futuri e incentivi per i produttori. Gli incentivi alla qualità  saranno legati non più come in passato solo alla qualità del latte, ma anche al benessere animale, nella convinzione che se le mucche si ammalano meno e possono avere una migliore qualità di vita, assicurano un prodotto più salubre e sicuro”.

Solo una piccola parte degli allevamenti, comunque, consente l’accesso al pascolo agli animali

Un primo impegno  è stato l’intervento su abbeveratoi e mangiatoie per permettere agli animali di avere costantemente a disposizione acqua pulita e cibo. Si è lavorato sugli spazi all’interno delle strutture per favorire migliore relax e movimento, sono stati introdotti nuovi e più efficaci sistemi di ventilazione per rendere gli ambienti più confortevoli d’estate e create infermerie per accogliere animali malati.

“È la prima volta che un’azienda casearia italiana intraprende un percorso di benessere animale basato su dati scientifici – ricorda Bianco – lo consideriamo un dato importante, ed è questo il motivo per cui abbiamo collaborato. Fermo restando che per noi la soluzione ottimale resta comunque quella di avere, oltre al monitoraggio e al miglioramento di questi indicatori, anche la possibilità di accesso al pascolo”. Questa possibilità per il momento riguarda solo una piccola parte degli allevamenti, mentre nella maggior parte dei casi le vacche che producono il latte per Fattorie Osella sono a stabulazione fissa: “Come avviene per la maggioranza degli allevamenti italiani, questi animali rimangono in spazi chiusi, anche se hanno a disposizione un recinto esterno per muoversi”, spiega Amadori. Resta il fatto che l’azienda punta a qualificarsi come un’ impresa con una produzione di qualità sostenibile, con il minor consumo di acqua ed energia nel rispetto dell’ambiente e l’utilizzo di energia proveniente per il 100% da fonti rinnovabili”, spiega Amadori.  Nonostante oggi sia proprietà per il 51% di Mondelez International – ex Kraft – resta un’azienda legata al territorio che acquista latte solo da allevatori piemontesi a non più di 50 Km dal caseificio ed è impegnata nella tutela e mantenimento delle vacche di razza piemontese.

© Riproduzione riservata

sostieni

Le donazioni si possono fare:

* Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui

* Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264

 indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare

0 0 voti
Vota
2 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Simone
Simone
12 Maggio 2017 14:39

Che acquistino solo latte piemontese ok, benissimo lo dirà la tracciabilità, ma che lo acquistino di RAZZA piemontese per tutelarla non è credibile . La razza piemontese è una razza da carne, in Piemonte il latte (in quantità da soddisfare il fabbisogno Osella) si ottiene da razza frisona che da mediamente il triplo del latte al giorno e ha un periodo di “asciutta” mediamente più breve.

Paola Emilia Cicerone
Paola Emilia Cicerone
Reply to  Simone
12 Maggio 2017 17:30

Non è sicuramente solo latte di razza piemontese, ma l’azienda dichiara anche nel proprio sito che utilizza animali di razza piemontese, precisando che si tratta effettivamente di una rarità: https://www.fattorieosella.it/it/il-nostro-mondo/il-latte-e-gli-allevatori-osella/