emirati_arabi Il prossimo Expo si terrà nel 2020 a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, che nell’area espositiva di Rho presentano un padiglione dove c’è sempre una lunga fila di persone in attesa intorno alle dune della struttura. All’entrata si passa attraverso due sezioni, la prima presenta le nuove sfide e la seconda le soluzioni. La tecnica scelta è quella di poche frasi per ogni argomento, che il visitatore attiva all’interno di cubi interattivi. I temi affrontati sono: terreno, acqua, cibo ed energia. Il problema di fondo è rappresentato dal fatto che gli Emirati importano l’85% degli alimenti che consumano e cercano di a coltivare più cibo, utilizzando in modo ottimale una risorsa scarsa e cara come l’acqua che, per la maggior parte, viene usata per l’irrigazione. L’altra sfida è costituita dallo sfruttamento delle risorse energetiche rinnovabili. Dopo queste due sezioni, i visitatori entrano in una prima sala, dove viene proiettato il video di una bambina araba, che scopre come vivevano, mangiavano e bevevano nel 1963 i suoi nonni giovani e poi i suoi genitori. Segue un altro video sul futuro che utilizza la stessa chiave di lettura tra le generazioni. Il cibo simbolo è rappresentato dai datteri, visti come sinonimo di energia vitale, famiglia e comunità. L’apprezzamento dei visitatori è dimostrato dall’applauso finale, cosa che non avviene in ogni padiglione.L’ultima area è dedicata alla presentazione dell’Expo 2020 di Dubai, che avrà come tema “Unire le menti. Creare il futuro”.

Expo 2015 IsraeleAnche Israele affronta lo stesso tema , cioè come far riaffiorare la vita in terreni desolati, e usa la medesima chiave narrativa degli Emirati, la storia di una famiglia nell’arco di quattro generazioni. In una prima sala, viene proiettato un filmato sul “miracolo” dell’agricoltura israeliana con l’uso di metodologie high-tec, che ha consentito a un paese con poco terreno e poca acqua di inventare soluzioni interessanti per nutrire il mondo: se non c’è acqua la si produce, la si ricicla e si inventa l’irrigazione a goccia. La stessa inventiva ha portato alla creazione del pomodoro ciliegino e, nelle terre saline, a sistemi di irrigazione con acqua salata, per coltivazioni adatte al clima desertico. In una seconda sala, un filmato racconta come le tecnologie israeliane applicate al settore agroalimentare si siano diffuse nel mondo. Niente strumenti interattivi, in questo padiglione, ma un quarto d’ora di racconto, giocato sull’avvicendamento delle generazioni. Su un lato del padiglione israeliano si nota un grande orto verticale.

L’orto verticale caratterizza anche il padiglione degli Stati Uniti, dove entrano molti visitatori. Il visitatore si trova così in un corridoio, con entrata e uscita aperte alle estremità che dovrebbe rappresentare un tradizionale granaio americano. Non c’è niente di attraente da vedere, niente da fare, se non un giro sulla terrazza panoramica sponsorizzata da PepsiCo. American Food 2.0.

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Che ci sia qualcosa di sbagliato nell’approccio lo si può intuire ancor prima di entrare, grazie a un grande pannello dove si legge che al termine della visita, sarà possibile farsi “un selfie con il presidente e la First Lady  in un boschetto di querce americane”. Galvanizzati da questa attraente prospettiva, si sale una lunga scalinata, con a lato due scritte posizionate molto in alto che praticamente nessuno legge: “L’America prende il cibo seriamente”, “Stiamo sviluppando una cultura dell’alimentazione del buon gusto più consapevole”. In cima alla scalinata, si viene accolti da un breve video di benvenuto di Barack Obama, che molti si fermano a vedere. Nelle immagini il presidente ricorda che nel 2050 ci saranno nove miliardi di persone e occorre creare un sistema alimentare sostenibile, incrementando la sicurezza alimentare, migliorando l’agricoltura, l’alimentazione e la salute. Questo video è la cosa più vista, perché poi il padiglione consiste in una serie di postazioni, a forma di flipper anni ‘60, in cui nella parte verticale scorrono immagini un video con sottotitoli e in quella orizzontale delle immagini schematizzate.

Il comportamento più diffuso dei visitatori è quello di provare a fare due o tre touch sul piano orizzontale e poi, visto che non c’è niente di interattivo, andarsene. I video propongono una serie di dichiarazioni di personaggi e persone comuni. La pesantezza di questo approccio è dimostrata dal fatto che nel filmato sulle politiche, gli Usa scelgono di proporre tre politici: il segretario di Stato John Kerry, il segretario all’agricoltura Tom Vilsack e il sindaco di Louisville, Greg Fisher. Il video degli agricoltori va dal racconto dell’agricoltura biologica al fatto che “abbiamo ridotto l’uso di pesticidi e fertilizzanti grazie all’uso di OGM”. Il risultato è che il messaggio degli Usa non viene neanche ascoltato o, meglio, letto nei sottotitoli. Al centro del padiglione c’è un gioco interattivo, apprezzato dai bambini, in cui ci si lanciano virtualmente alcune cose, per aiutarsi in campo alimentare. Si arriva velocemente alla scalinata di uscita, al termine della quale un pannello proietta un video di Obama e consorte, a cui quasi nessuno si avvicina, lasciandoli in una solitudine imbarazzante.

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riccardo
riccardo
6 Settembre 2015 14:30

Benissimo, America Usa sta al cibo, come Erode sta alla nursery.

Franco Rabbiosi
Franco Rabbiosi
10 Settembre 2015 09:52

Attualmente Israele consuma circa il 79% (495 m.c.m.) delle
risorse totali disponibili sul territorio, a fronte di una consumo palestinese
del 21% (134 m.c.m.).
In maggioranza sono acquiferi fossili non rinnovabili.

Leggetevi questo interessante articolo: http://www.uniurb.it/scipol/medor/profili/DiPeri.pdf

Giorgio
12 Settembre 2015 20:31

molto bello anche quello dell’IRAN