Proponiamo un estratto dell’articolo “Senza Glutine? Senza esagerare” di Dario Dongo, esperto di diritto alimentare, pubblicato sul sito Gift (Great Italian Food Trade) che spiega perché su molte confezioni viene proposta in modo scorretto questa dicitura.

“Senza glutine” è un leitmotiv che compare ormai sulle etichette di molti cibi e persino sulle  bevande, al di là delle logiche che in origine ne ispirarono l’impiego. A volte la scritta risulta anche in contrasto  con le regole in tema di etichettatura dei prodotti alimentari. La celiachia, intolleranza cronica al glutine, è una malattia endemica che colpisce quote variabili  dall’1 al 2%, a seconda delle regioni – della popolazione. L’unica cura a tutt’oggi disponibile per i pazienti celiaci è una dieta rigorosamente senza glutine.

Le associazioni dei pazienti – tra le quali spicca AIC, Associazione Italiana per la Celiachia – hanno profuso straordinari impegni, nel corso degli ultimi decenni, per garantire un’esistenza sicura e serena ai celiaci e alle loro famiglie. Si sono battute, tali associazioni, nei diversi contesti:

– a livello regolatorio, per garantire la presenza di informazioni appropriate e ben visibili sulle etichette degli alimenti (1 e 2);

– presso le industrie, incoraggiando a sviluppare linee di prodotti destinati ai celiaci;

– nei pubblici esercizi (ristoranti, pizzerie, alberghi, gelaterie, laboratori artigiani), promuovendo l’effettiva applicazione dell’autocontrollo onde prevenire contaminazioni accidentali;

– in ambito di sanità pubblica, per diffondere consapevolezza e promuovere la diagnostica (3). Oltreché per garantire assistenza sanitaria adeguata, e garantire ai celiaci l’erogazione gratuita di prodotti alimentari consoni alle loro specifiche esigenze dietetiche (4);

– a livello scientifico, sostenendo la ricerca scientifica necessaria ad affrontare le diverse condizioni dei pazienti e promuovere la loro salute;

“La dieta senza glutine non è una moda!”, ribadisce da anni l’Associazione Italiana per la Celiachia (AIC). I celiaci non hanno scelte, eliminare questa proteina è per loro un salvavita, l’unica terapia possibile. Ma il 99% dei consumatori prova interesse verso i prodotti gluten-free nella convinzione che essi siano in qualche modo favorevoli per il benessere, o il dimagrimento. Tucco ciò è falso (5). Il 10% della popolazione europea, 6 milioni di consumatori in Italia, segue una dieta senza glutine senza alcuna ragione. Un prodotto “senza glutine” su tre viene consumato da non-celiaci che si illudono così di dimagrire o migliorare la forma fisica (!). Salvo invece sprecare, solo in Italia, più di 100 milioni di euro per l’acquisto di alimenti di cui non si ha alcun bisogno (6).

Alcune bevande indicano sull’etichetta la frase senza glutine su prodotti che non hanno mai avuto la proteina tra gli ingredienti

Come si spiega questo fenomeno? Semplicemente con la viral deception, la strategia dell’inganno virale che viene portato avanti da Big Food. Da numerosi anni è in auge  l’offerta di prodotti gluten-free, che consentono di risparmiare sui costi di produzione – sostituendo ai cereali pregiati (come il grano) quelli più economici (come il mais) – e al contempo permette di  aumentare i prezzi. Le campagne sono anche supportate da alcune star internazionali, che celebrano la dieta senza bisogno. Da Lady Gaga a Victoria Beckham, Gwyneth Paltrow, Kim Kardashian, la viral deception si propaga su centinaia di milioni di follower attraverso i social network. E il lucroso business cresce. Il glutine è invece una proteina preziosa, presente nei cereali che hanno nutrito le popolazioni europee a partire dal Neolitico, ed è un campione di sostenibilità, grazie a un’impronta idrica e ambientale ben inferiore ad altre fonti proteiche.

Gli alimenti “senza glutine” e “a ridotto tenore di glutine”, un tempo qualificati come “alimenti destinati a un’alimentazione particolare”, sono ora soggetti alle regole previste per gli alimenti di uso corrente (7). Il regolamento UE 828/2014, “relativo alle prescrizioni riguardanti l’informazione dei consumatori sull’assenza di glutine o sulla sua presenza in misura ridotta negli alimenti”, ha confermato le soglie di tolleranza già definite (8). Introducendo altresì la possibilità di riportare in etichetta, al ricorrere delle condizioni previste, alcune apposite diciture facoltative.

La dicitura “specificamente formulato per celiaci” o “specificamente formulato per persone intolleranti al glutine”, (9) può venire utilizzata nell’etichettatura degli “alimenti sostitutivi”. Vale a dire, i prodotti tradizionalmente realizzati con ingredienti a base di glutine (es. pasta, pane, etc.), i quali siano stati sostituiti con altre materie prime naturalmente prive di glutine ovvero con ingredienti “de-glutinati”.

“La dieta senza glutine non è una moda!”, ribadisce da anni l’Associazione Italiana per la Celiachia (AIC)

“Un alimento contenente ingredienti naturalmente privi di glutine dovrebbe inoltre poter recare un’etichettatura indicante l’assenza di glutine, in conformità delle disposizioni di cui al presente regolamento, purché siano rispettate le condizioni generali sulle pratiche leali di informazione di cui al regolamento (UE) n. 1169/2011. In particolare le informazioni sugli alimenti non dovrebbero indurre in errore suggerendo che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche.” (reg. UE 828/14)

Nel caso di alimenti ove in genere non si riscontra la presenza di glutine – perché assente in natura nei loro ingredienti essenziali e caratteristici – la regola è cristallina:

– se un cereale contenente glutine è presente (o può esserlo, a causa di contaminazione accidentale che non si sia in grado di escludere, pure a seguito del doveroso autocontrollo), si deve citare lo specifico cereale contenente glutine in lista ingredienti (ove del caso preceduto la dicitura “può contenere”),

– non è viceversa ammesso il vanto “senza glutine”, poiché tale caratteristica è comune agli altri prodotti simili. È anzi espressamente vietato attribuire a un prodotto caratteristiche comuni agli altri alimenti che appartengono alla stessa categoria. (11)

È dunque ora di farla finita con le diciture gluten-free su una moltitudine di prodotti che con i cereali contenenti glutine hanno poco o nulla a che fare, dai latticini ai succhi di frutta, le carni e le caramelle. “Senza glutine”? Ci mancherebbe altro!

Note

(1) Cfr. reg. UE 1169/11, articolo 21 e Allegato II. NB: è doveroso specificare la presenza dei singoli cereali, per tutelare anche i consumatori allergici a ciascuno di essi. Si vedano, al proposito, le recenti Linee Guida della Commissione europea, su https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/allergeni-linee-guida

(2) V. reg. UE 1169/11, articolo 44.1.a. Rimane da chiedersi, a tale riguardo, perché le regole europee vengano tuttora violate dalla quasi totalità dei pubblici esercenti. E perché le autorità sanitarie non provvedano ai doverosi controlli e sanzioni

(3) L’AIC stima che i celiaci in Italia siano 600.000, di cui solo 190.000 diagnosticati. Vale a dire che il 70% dei celiaci non è consapevole della propria condizione di salute

(4) Attualmente, in Italia, vengono erogati prodotti fino a un tetto massimo mensile di circa 90€ a paziente

(5) Sono invece state espresse preoccupazioni verso l’adozione di diete senza glutine al di fuori dei casi strettamente necessari, in una recente ricerca dell’Università di Harvard

(6) Il mercato dei prodotti gluten-free in Italia ha registrato nel 2016 una crescita del 27% rispetto all’anno precedente. Per un valore complessivo di 320 milioni di euro, di cui solo 215 sono stati spesi da pazienti con diagnosi (dati Nielsen presentati da AIC a maggio 2017, in occasione della Settimana della celiachia)

(7) Cfr. reg. UE 609/2013, in vigore dal 20.7.16

(8) 20 ppm e 100 ppm, rispettivamente, per le diciture “senza glutine” e “a ridotto tenore di glutine”

(9) Il decreto del Ministero della Salute 17.5.16 ha poi chiarito che, ai fini dell’inserimento degli alimenti senza glutine nel registro dei prodotti erogabili ai celiaci, è necessario che essi riportino in etichetta tali apposite indicazioni

(10) Cfr. reg. UE 1169/11, articolo 7.1.c

Dario Dongo, FARE (info@fare.email)

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fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
15 Dicembre 2017 19:42

STANDING OVATION !!!
Grazie

“La dieta senza glutine non è una moda!”, ribadisce da anni l’Associazione Italiana per la Celiachia (AIC). I celiaci non hanno scelte, eliminare questa proteina è per loro un salvavita, l’unica terapia possibile. Ma il 99% dei consumatori prova interesse verso i prodotti gluten-free nella convinzione che essi siano in qualche modo favorevoli per il benessere, o il dimagrimento. Tutto ciò è falso (5). Il 10% della popolazione europea, 6 milioni di consumatori in Italia, segue una dieta senza glutine senza alcuna ragione. Un prodotto “senza glutine” su tre viene consumato da non-celiaci che si illudono così di dimagrire o migliorare la forma fisica (!). Salvo invece sprecare, solo in Italia, più di 100 milioni di euro per l’acquisto di alimenti di cui non si ha alcun bisogno (6).
Come si spiega questo fenomeno? Semplicemente con la viral deception, la strategia dell’inganno virale che viene portato avanti da Big Food. Da numerosi anni è in auge  l’offerta di prodotti gluten-free, che consentono di risparmiare sui costi di produzione – sostituendo ai cereali pregiati (come il grano) quelli più economici (come il mais) – e al contempo permette di  aumentare i prezzi. Le campagne sono anche supportate da alcune star internazionali, che celebrano la dieta senza bisogno. Da Lady Gaga a Victoria Beckham, Gwyneth Paltrow, Kim Kardashian, la viral deception si propaga su centinaia di milioni di follower attraverso i social network. E il lucroso business cresce. Il glutine è invece una proteina preziosa, presente nei cereali che hanno nutrito le popolazioni europee a partire dal Neolitico, ed è un campione di sostenibilità, grazie a un’impronta idrica e ambientale ben inferiore ad altre fonti proteiche.

…non è viceversa ammesso il vanto “senza glutine”, poiché tale caratteristica è comune agli altri prodotti simili. È anzi espressamente vietato attribuire a un prodotto caratteristiche comuni agli altri alimenti che appartengono alla stessa categoria. È dunque ora di farla finita con le diciture gluten-free su una moltitudine di prodotti che con i cereali contenenti glutine hanno poco o nulla a che fare, dai latticini ai succhi di frutta, le carni e le caramelle. “Senza glutine”? Ci mancherebbe altro! ”

Da inviare a tutte le scuole del Regno con l’obbligo di ripeterlo a memoria in piedi sul banco (altrimenti in castigo, in ginocchio sui ceci – gluten free, ovvio)

ezio
ezio
16 Dicembre 2017 12:49

Non per rovinare l’enfasi espressa per la corretta trattazione del tema dell’avv. Dongo, ma per dare un contributo di comprensione alla situazione della moda gluten-free, vorrei invitare gli addetti ai lavori ad una migliore definizione della patologia celiaca.
La celiachia è un’allergia su base autoimmune, con scatenamento di anticorpi e distruzione drammatica dei villi intestinali ed è scatenata anche da piccole tracce della proteina.
L’intolleranza al glutine, quando esiste, se verificata, è una difficoltà digestiva individuale percepita come pesantezza, spesso gonfiore e disbiosi intestinale conseguente.
Non è una patologia medica ma è un problema funzionale, dovuto a difficoltà digestive che si possono presentare nei confronti di molti altri alimenti e sostanze, come l’esempio più eclatante e conosciuto dell’intolleranza digestiva al lattosio, ma anche ai grassi, alle carni rosse ed alla caseina dei latticini.
Quindi quando trattiamo l’argomento in questione meglio essere precisi e dirimenti sulle cause scatenanti la patologia ed oggettivi quando consideriamo le intolleranze digestive e metaboliche degli alimenti.
Serve anche per prevenire la diffusione di falsi problemi e soluzioni fasulle, come ad esempio l’effetto dimagrante di una dieta senza glutine, che al contrario è potenzialmente ingrassante, per chi la pratica senza cognizione di causa.

Natalia
Natalia
16 Dicembre 2017 14:30

Titolo ingannevole e fuorviante. Per carne formaggio e Company è invece importante, perché dove viene confezionato il macinato, è possibile vengano preparate le polpette . In molti office dei supermercati ho visto tagliare formaggio accanto al forno delle baguette. Per un celiaco vero, etichette con su scritto GLUTEN FREE non sono un optional ma un diritto GRAZIE

Roberto La Pira
Reply to  Natalia
16 Dicembre 2017 18:06

Ma in questo caso bisogna scrivere il claim in etichetta nella parte sugli allergeni

Daniele Tortora
Daniele Tortora
16 Dicembre 2017 17:40

Sono papà di a ragazza celiaca che per motivi di studio vive momentaneamente in Irlanda e fortunatamente non a grossi problemi. La volevo ringraziare per il bellissimo ed importante articolo che ha pubblicato.
Cordialmente
Daniele Tortora

Simona
Simona
16 Dicembre 2017 18:13

Una pubblicazione simile non può che provenire da una persona che non ha mai avuto problemi alimentari e che non conosce i limiti che impone la celiachia anche nella società moderna, oltre al fatto che una dieta senza glutine è l’unico salvavita possibile per le persone affette. Sono celiaca e negli ultimi dieci anni ho visto finalmente migliorare un po’ anche l’Italia su questo fronte, non del tutto. 10 anni fa le persone celiache erano obbligate a comprare alimenti solo in farmacia, prodotti non naturalmente privi di gliutine, ma spesso deglutinati con processi chimici. Il problema? L’inconsapevolezza della gente: amici, parenti ma soprattutto ristoratori! Cosa che ha limitato tantissimo la vita di ogni intollerante al glutine l. Se esci a cena e vai da amici non sanno di preciso cosa puoi mangiare quindi li metti in difficoltà e rischi che sbaglino. Se vai al ristorante puoi avere la fortuna di provare con chi sa quale problema sia essere celiaci, ma c’e anche chi ti garantisce che determinati piatti siano ‘senza farina assolutamente, c’è solo del pangrattato!’ O il ristorante che dopo averti portato un piatto cucinato apposta senza glutine e avertene fatto mangiare metà arriva correndo e scusandosi perché aveva invertito i piatti. Il glutine è inserito in una miriade di alimenti, anche dove non penseremmo: anche ad esempio in moltissime caramelle. E allora dico: per fortuna esiste l’informazione e per fortuna, finalmente, anche l’Italia ha fatto un passo avanti scrivendo sulle confezioni cosa e senza glutine!!

Marco Borsotti
Marco Borsotti
2 Gennaio 2018 09:04

Purtroppo l’esclamazione “Senza glutine? Ci mancherebbe altro!” è un pelo troppo ottimista. Non basta pensare che se non c’è scritto nulla tra gli allergeni, allora non c’è glutine. Purtroppo non è così. E’ bene che le aziende (produttori, commercianti e ristoratori) si prendano le loro responsabilità dichiarando, quando ne hanno la certezza, l’assenza di glutine nel modo più semplice e chiaro possibile: “SENZA GLUTINE”. Solo in caso di alimenti base posso fidarmi anche senza scritta: acqua, latte, uova, carne (se ho dubbi la lavo), frutta e verdura fresca. Prima di tutto la salute, poi ben vengano le disquisizioni sulle mode inopportune.

Costante Pinelli
Costante Pinelli
2 Gennaio 2018 18:28

Bene Dr. Dongo, Bene Dr. La Pira !!
Vogliamo lanciare una seria ed efficace campagna su basi scientifiche, che evidenzino vantaggi e svantaggi con relativi numeri, contro le mode “SENZA…” che sono estremamente dannose per i consumatori ingannati da venditori di bufale e da propagatori di notizie su qualsiasi mezzo di comunicazione, riportate senza alcun controllo di merito ?

ezio
ezio
3 Gennaio 2018 12:46

Senza accanirsi troppo su un singolo aspetto degli stili di vita alimentari dei consumatori, vorrei far notare che ci sono categorie molto ampie di scelte alimentari ben più dannose ed impattanti degli intolleranti al glutine.
Basti pensare ai crudisti puri insieme ai vegani e vegetariani, ai carnivori spinti insieme ai patiti delle varie diete iperproteiche e paleolitiche, passando per le tante scelte salutistiche preventive del senza zucchero a favore dei surrogati, senza latte e latticini immotivato (escludendo la grave e diffusissima intolleranza al lattosio), ecc..
Poi comprendo che ognuno di noi può essere maggiormente sensibile ad un singolo aspetto delle varie tendenze, ma ritengo non si debba accanirsi solamente su di una sola tendenza popolare, ma analizzare la nuova domanda di chiarezze scientifiche sulle intolleranze alimentari, che purtroppo non ci sono e non se ne vedono ancora gli studi mirati, confondendole spesso a sproposito con la sorella maggiore meglio identificata rappresentata dalle allergie.