La dieta mediterranea riduce il rischio di malattie cardiovascolari, ma solo se a seguirla sono i gruppi economicamente più forti. È questo il risultato di una ricerca condotta dall’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Neuromed su quasi 19 mila adulti di oltre 35 anni, reclutati nell’ambito dello studio Moli-sani e pubblicata sulla rivista International Journal of Epidemiology.

Che la dieta mediterranea offrisse vantaggi consistenti per la salute cardiovascolare era cosa nota, ma ora lo studio Neuromed rivela che i benefici di questo modello alimentare sono fortemente condizionati dalla posizione socioeconomica delle persone. In pratica, a parità di adesione alla dieta mediterranea, la ricerca ha evidenziato che la riduzione del rischio di patologie cardiovascolari si concretizza solo nelle persone con un livello di istruzione elevato e in chi ha un reddito familiare più consistente. Nessun beneficio significativo è stato invece riscontrato nelle classi sociali più deboli.

“La novità del nostro studio è di aver documentato per la prima volta che il livello di istruzione e il reddito sono in grado di modificare nettamente i vantaggi potenziali della dieta mediterranea sulla nostra salute cardiovascolare”, sottolinea Marialaura Bonaccio, ricercatrice del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione del Neuromed e prima autrice della ricerca. “In altre parole, per quanto una persona a basso reddito possa seguire la dieta mediterranea in maniera ottimale, non avrà gli stessi vantaggi di una persona che segue la stessa dieta ma dispone di un reddito maggiore”.

dieta mediterranea
A parità di adesione alla dieta mediterranea, le persone con un reddito maggiore tendono a consumare più pesce

I dati dello studio indicano che i gruppi socialmente più avvantaggiati riportano una serie di indicatori di buona alimentazione migliori rispetto alle persone meno abbienti. Ad esempio, spiega un’altra ricercatrice, Licia Iacoviello, “a parità di consumo dei prodotti tipici della dieta mediterranea, l’alimentazione delle persone con alto reddito e un livello di istruzione maggiore, è risultata più ricca di antiossidanti e polifenoli, oltre a presentare una maggiore diversità in termini di frutta e verdura consumate. Non solo. Abbiamo riscontrato differenze socioeconomiche anche per quanto riguarda il consumo di prodotti integrali e i metodi di cottura degli alimenti. Sempre a parità di punteggio di adesione alla dieta mediterranea, le persone con una migliore posizione sociale tendono a consumare relativamente più pesce e frutta secca a guscio e meno carne e derivati. Tutto questo ci spinge a credere che sia la diversa qualità dei prodotti della dieta mediterranea consumati a fare la differenza e non solo la loro quantità o frequenza di consumo”.

Secondo Giovanni de Gaetano, direttore del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione del Neuromed, “i risultati di questo studio ci devono far riflettere seriamente sullo scenario socio-economico della salute. Le disparità socioeconomiche sono in crescita e si manifestano anche a tavola. Non solo le persone tendono in generale a seguire sempre meno la dieta mediterranea, ma i più deboli dal punto di vista socio-economico consumano prodotti teoricamente ottimali ma di fatto con minori qualità salutistiche. Non basta più dire che la dieta mediterranea fa bene, se non garantiamo che faccia bene a tutti”.

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Lola
Lola
29 Agosto 2017 13:45

Il problema è che alcuni siti, soprattutto statunitensi, stanno usando questo studio per dimostrare che la Mediterranea non è migliore di qualsiasi altra dieta, paleo inclusa.

graziano
graziano
29 Agosto 2017 22:48

Sì tant’è vero che le sardine o il pesce azzurro ormai costano come il salmone.

ezio
ezio
8 Settembre 2017 11:55

Bella e condivisibile la conclusione: “Non basta più dire che la dieta mediterranea fa bene, se non garantiamo che faccia bene a tutti”.
Infatti fa bene solo a chi la fa davvero e non solo in teoria: pasta, pane, patate, pizza, naturalmente tutto bianco, raffinato e condito con un giro d’olio extra vergine per essere a posto con la coscienza mediterranea.
Da quanti dietologi di grido avete mai sentito dire che nella dieta mediterranea i cereali si mangiano integrali?
Da quando esiste sul mercato la pasta integrale?
Cosa sono i famigerati cerali per la colazione? Tutti ne parlano, nessuno lo sa, pochissimi macrobiotici li consumano e qualche altro li tuffa nello yogurt e li satura di zucchero (si ma di canna raffinato).
Ed i legumi? No perché gonfiano la pancia e gli effetti collaterali sono asociali.
Ma delle 5 (cinque) porzioni di frutta e verdura al giorno sono tutti d’accordo. Naturalmente solo in teoria perché se ne consumiamo 2 o 3 è già un miracolo.
Non meravigliamoci dei corretti risultati dello studio e smettiamo di vantarci a vanvera, a partire dai nostri benemeriti dietologi ed esclusa qualche pecora nera che fa terrorismo alimentare.

fabio
fabio
8 Settembre 2017 14:18

Concordo con Ezio.
Ma…. qui allora si parla di cucina mediterranea e di chi ne sa fare un uso bilanciato non di dieta mediterranea. Se viene meno l’equilibrio allora è ovvio che non si hanno effetti benefici.
Una piramide alimentare che sembra più un cubo non è un’alimentazione corretta.