La celiachia é un problema molto diffuso in Italia come in Europa che  merita perciò una certa attenzione e soprattutto informazione. Abbiamo  chiesto a Caterina Pilo il direttore generale dell’Associazione italiana per la celiachia (AICragguagli sulla situazione attuale in funzione del regolamento sugli alimenti destinati a una dieta particolare in discussione a Bruxelles.

Cos’è la celiachia?
È una malattia dovuta all’intolleranza dell’organismo al glutine, una proteina vegetale contenuta in alcuni cereali come grano, farro, kamut, avena, orzo, segale. I sintomi variano da quelli tipicamente intestinali fino a sintomi atipici come carenza di smalto nei denti, aftosi, anemia sideropenica, disordini della coagulazione, amenorrea, ridotta fertilità e altri …… La diagnosi avviene attraverso test sierologici e la biopsia intestinale. È essenziale eseguirla al più presto, in modo da prevenire le complicanze della celiachia non trattata, vale a dire lo sviluppo di ulteriori patologie, anche gravi e irreversibili. Le cause non sono ancora accertate, mentre l’unica cura disponibile é non consumare cibo contenente glutine.

Quanti sono i celiaci?
Secondo i dati ufficiali del Ministero della Salute, i diagnosticati in Italia sono oltre 110mila, ma si stima che almeno 300mila persone siano affette da celiachia senza saperlo.

Quali sono le problematiche più diffuse ?
AIC e le altre associazioni dei celiaci sono state costituite  per facilitare la vita ai malati, che negli ultimi anni sono aumentati grazie all’accresciuta sensibilità dei medici che ha consentito un gran numero di diagnosi soprattutto in età pediatrica. Il celiaco non deve assolutamente assumere cibi contenenti glutine, quindi la “spesa” alimentare si basa esclusivamente su cibi che riportano in etichetta la dicitura “senza glutine”, nel rispetto del regolamento CE n. 41/2009 e delle Linee guida del ministero della Salute. Questo regolamento si applica sia ai prodotti dietetici propriamente intesi, sia a quelli di uso corrente che possono completare la dieta del celiaco. I prodotti dietetici hanno un costo maggiore poiché la loro produzione è preceduta da costante ricerca e innovazione e in Italia è sottoposta a rigorose procedure e controlli (autorizzazione degli stabilimenti,  notifica preventiva al ministero della Salute).

Come si colloca il “sistema Italia” in questo contesto?
Sin dal 1983 il  Sistema sanitario nazionale eroga gratuitamente ai malati con diagnosi specialistica, i prodotti dietetici verificati dal ministero della Salute. Inoltre garantisce esenzioni che facilitano la diagnosi, specie nei parenti di 1° grado, dove l’incidenza è maggiore di circa il 10%. A questa tutela l’Associazione italiana celiachia affianca servizi come il Prontuario degli Alimenti. AIC ha inoltre registrato il marchio della “spiga barrata”, che permette l’immediato riconoscimento dei prodotti per celiaci, e da oltre 10 anni è impegnata nell’alimentazione senza glutine fuori casa. A questo scopo AIC pubblica una guida di oltre 2500 locali e strutture ricettive e di vacanza (comprese le navi da crociera) nel tentativo di rendere il più possibile “normale” la vita dei celiaci.

Qual é la posizione di AIC sulla recente proposta della Commissione UE che abroga la normativa sui prodotti dietetici?
AIC è preoccupata e sta attuando ogni possibile azione in opposizione a questa proposta. L’ipotesi di collocare la dicitura “senza glutine” nel campo di applicazione dei “claims” (reg. CE 1924/06), come se si trattasse di una qualsiasi indicazione nutrizionale, è inaccettabile. I prodotti “senza glutine” sono diversi da quelli “senza grassi” o “senza zuccheri aggiunti”. Non stiamo parlando di una “dieta a punti” o di altri regimi alimentari alla moda: la celiachia è una malattia e l’apporto, anche accidentale, di glutine reca grave danno alla salute.

In concreto, quali rischi intravedete nella proposta della Commissione?
L’abolizione della categoria dei prodotti dietetici farebbe venire meno il Registro nazionale degli alimenti tenuto dal ministero della Salute, e così la normativa che regola l’accesso dei prodotti a tale Registro e stabilisce procedure di produzione e di notifica preventiva di ogni nuovo prodotto. A quel punto, come sarà possibile garantire la sicurezza dei prodotti, in relazione al criterio di riferimento (glutine<20ppm), su migliaia di referenze provenienti  da altri Paesi europei? Derubricare il prodotto dietetico pone le premesse per eliminare l’erogazione gratuita degli alimenti che possono costare molto  di più rispetto al prezzo del cibo corrente a causa delle  precauzioni adottate per escludere ogni rischio di contaminazione.

C’è qualche buona notizia ?
Un’ottima notizia proviene proprio dall’Italia. È prossimo alla firma l’accordo Stato-Regioni sulla produzione artigianale e la somministrazione (nella ristorazione) di alimenti senza glutine. L’esperienza delle buone prassi applicate in alcune Regioni ha consentito di condividere a livello nazionale lo sviluppo di un percorso di formazione, consulenza e controlli pubblici sulle produzioni di alimenti senza glutine. Ciò consentirà di aumentare l’offerta, e la garanzia, per le oltre 100 mila famiglie italiane interessate alla celiachia.

Dario Dongo