manipolazioni genetiche sui cibiL’attuazione di un’azione sistematica di autocontrollo dei rischi igienico-sanitari, al fine di prevenirli e di fornire documentata verifica alle autorità di controllo, costituisce l’approccio scelto a livello comunitario ed attua una profonda innovazione, segnando (o avrebbe dovuto segnare!) il tramonto dell’attuale filosofia alla base della vigente legislazione igienico-sanitaria alimentare, che consiste nella mera applicazione di sanzioni amministrative e/o penali, qualora venga accertata una violazione di legge o di regolamento.

Gli operatori delle industrie alimentari infatti sono chiamati ad una responsabilità diretta e prioritaria nei confronti dell’igienicità degli alimenti prodotti attraverso l’attuazione di due distinti fattori di prevenzione: l’adozione di un sistema scientifico di analisi dei rischi e monitoraggio dei punti critici del processo attraverso l’applicazione obbligatoria di cinque dei sette principi del cd. “metodo HACCP[2]”, nonché l’adozione di una serie di misure di corretta prassi igienica. Il “metodo HACCP” si fonda su una corretta attività di prevenzione dei rischi mediante l’individuazione a priori dei possibili pericoli connessi alla produzione di determinati alimenti (contaminazioni microbiologiche, chimiche, fisiche, deterioramento, ecc…) e l’adozione di opportuni correttivi che consentano di evitare la concretizzazione di tali pericoli. Inoltre, attraverso il monitoraggio continuo dei “punti critici” del processo produttivo, l’HACCP offre idonee garanzie di salubrità del prodotto finito. La corretta prassi operativa contempla l’adozione di pratiche e misure volte ad assicurare che i prodotti alimentari e le loro fonti vengano ottenuti in condizioni igieniche adeguate, l’adozione di misure relative a rischi provenienti dall’ambiente, il controllo dei contaminati, dei parassiti, delle malattie degli animali e delle piante, e l’obbligo di informare l’autorità competente qualora si sospetti di un problema in grado di nuocere alla salute umana. In un siffatto sistema è lasciato ai competenti servizi di prevenzione delle Az.Ulss il compito di verificare la corretta applicazione dei piani di autocontrollo.

 

Come già anticipato, nel caso in cui l’operatore ritenga, o abbia motivo di ritenere, che un alimento da lui importato, prodotto, trasformato, lavorato o distribuito non sia conforme ai requisiti di sicurezza degli alimenti e non si trovi più sotto il suo controllo, tale operatore deve immediatamente avviare le procedure per ritirarlo e informare le autorità competenti. Ora, la comunicazione all’Autorità competente dell’esistenza di una procedura di ritiro del prodotto per una non conformità tale da determinare un rischio per il consumatore potrebbe portare ad una sorta di auto-incriminazione[3] per l’operatore alimentare nelle situazioni in cui tale non conformità possa assumere rilievo penale. E ciò perché in tutte le situazioni in cui il personale sanitario venga a conoscenza di casi che possono presentare i caratteri di un reato perseguibile d’ufficio diviene un obbligo effettuare la segnalazione all’Autorità Giudiziaria.

Ma allora, in caso di ritiro, al di là dei prevedibili risvolti in tema di responsabilità civile dei quali si tralascia in questa sede la disamina, l’OSA può essere chiamato a rispondere anche in sede penale? E se sì, quali sono le ipotesi di reato che possono essere addebitate all’operatore del settore alimentare?

 

minestrone zuppa 181444554Occorre premettere che le norme che regolano la materia alimentare sono poste a tutela di due beni fondamentali: la salute pubblica e la buona fede del consumatore. La tutela dei due beni fondamentali appena richiamati viene garantita dal sistema attraverso sanzioni di tipo strettamente penale nonché da sanzioni di natura amministrativa pecuniaria. Si sono così individuati due livelli di protezione. Un primo, generale, livello di tutela, consistente nelle norme del codice penale, che sanzionano i delitti contro la salute pubblica e i delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio. I delitti previsti nel codice penale consistono segnatamente nelle fattispecie di frode nell’esercizio del commercio, di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine e di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, previste rispettivamente dagli artt. 515, 516 e 517 del codice penale. Un secondo livello di cui alla Legge n. 283/1962 e articolato su contravvenzioni concernenti, genericamente, tutte le sostanze alimentari e tutte le fasi dalla produzione alla distribuzione.

 

Tralasciando la trattazione dei reati previsti dal codice penale, soffermiamoci sulle contravvenzioni previste dall’art. 5 L. 30 aprile 1962 n. 283 che solitamente vengono contestate nel caso di attivazione di un sistema di allerta.

L’art. 5 così recita: “È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari:

a) private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi o regolamenti speciali;

b) in cattivo stato di conservazione;

c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali;

d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione”..

e) soppressa dall’art.3 L. 26 Febbraio 1963 n° 441;

f) abrogata dall’art. 57 L. 19 Febbraio 1992 n° 142;

g) con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministero per la sanità o, nel caso che siano stati autorizzati, senza l’osservanza delle norme prescritte per il loro impiego. I decreti di autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali;

h) che contengono residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l’uomo. Il Ministero per la sanità, con propria ordinanza, stabilisce per ciascun prodotto, autorizzato all’impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza e l’intervallo per tali scopi, i limiti di tolleranza e l’intervallo minimo che deve intercorrere tra l’ultimo trattamento e la raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate tra l’ultimo trattamento e l’immissione al consumo.

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Costante Pinelli
Costante Pinelli
14 Marzo 2014 10:45

Finalmente una trattazione completa, serena, onesta e coerente di un tema a me caro (come a tutti gli OSA) che periodicamente ripropongo da oltre 10 anni nelle sedi più disparate, compreso IL FATTO ALIMENTARE : l’ASSOLUTA NECESSITA’ dell’adeguamento dell’OBSOLETO articolo 5 della legge 283 ,tramite sua riscrittura nell’ambito di un TESTO UNICO, ai principi e dettami della MODERNA legislazione CE.
Ora si acceleri “a tutti i livelli ed in tutte le sedi, e con tutti gli strumenti utili” per convincere i(finora riluttanti) ministeri competenti, ascoltando finalmente i suggerimenti di chi opera giornalmente con tante difficoltà sul campo , affinché IN UN TEMPO DEFINITO venga steso ed approvato un TESTO LEGISLATIVO SEMPLICE E CHIARO che ridefinisca in chiave europea tutta la materia e fornisca sicurezza interpretativa al diritto alimentare