TTIP
Regimi normativi meno restrittivi nel commercio potrebbero avere riflessi negativi sulla sicurezza degli alimenti

L’Associazione italiana di epidemiologia ha pubblicato sulla propria rivista Epidemiologia&Prevenzione un articolo e un editoriale dedicati ai potenziali impatti sulla salute pubblica del Trattato di libero scambio tra UE e Usa (TTIP), i cui negoziati sono in corso da oltre due anni. Roberto De Vogli, della statunitense University of California Davis, e Noemi Renzetti, della britannica University College London, passano in rassegna i diversi capitoli del TTIP – accesso ai farmaci e all’assistenza sanitaria, consumo di alcol e tabacco, patologie correlate alla dieta e all’agricoltura, salute ambientale – mettendo a confronto le opinioni di sostenitori e detrattori.

Per quanto riguarda l’agricoltura e le malattie correlate alla dieta, l’articolo avverte che la spinta verso regimi normativi meno restrittivi nel commercio (uno degli obiettivi del TTIP), potrebbe avere riflessi negativi sia sui consumi alimentari sia sulla sicurezza degli alimenti. Secondo gli autori il trattato favorirebbe le importazioni non solo di cibi geneticamente modificati, ma anche di carni bovine trattate con ormoni e di polli trattati con il cloro, che sono pratiche permesse negli Stati Uniti, ma vietate nell’Unione europea. Viene evidenziato anche il rischio collegato al capitolo “misure sanitarie e fitosanitarie” relativo alla presenza negli alimenti di additivi alimentari, contaminanti, tossine. Il pericolo, affermano i due autori, è che le norme europee vengano annacquate per avvicinarsi a quelle meno restrittive d’Oltreoceano, con effetti potenzialmente negativi sulla sicurezza alimentare e sulle malattie di origine alimentare.

Nell’editoriale l’epidemiologo Paolo Vineis ricorda il “sorprendente pronunciamento del Royal College of Physicians inglese, organismo abitualmente moderato, che in un editoriale dell’anno scorso, intitolato Warning: TTIP could be hazardous to your health, mettendo in guardia dalle conseguenze negative dei trattati commerciali internazionali”.

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domenico
domenico
2 Aprile 2016 15:59

vorrei capire come mai lì dove esistono i migliori centri di ricerca e studio sui prodotti, troviamo alimenti di così scarsa qualità se non addirittura nocivi? (sto parlando ovviamente degli USA). Vediamo di essere più obiettivi e seri in quanto parliamo della nostra salute, separando la guerra commerciale da un informazione corretta.

luigi
luigi
Reply to  domenico
4 Aprile 2016 12:40

Domenico, non so se tu sia mai stato in nord America. io ho avuto la fortuna (o sfortuna) di andarci diverse volte e girare tra i vari supermarkets e food stores, in diverse città e metropoli. ebbene, ti posso assicurare, leggendo le decine di ingredienti di cui si compongono anche prodotti dei più semplici, come noi siamo abituati in Italia (ad esempio, il pane e la pasta), che notavo le cose più incredibili, tra un’infinità di additivi, addensanti, coloranti, grassi, zuccheri, ecc., senza poi dar conto della presenza molto diffusa di cibi OGM (quali soia, colza, pomodori, ecc.). l’uso di ormoni della crescita (vietati in Europa) negli allevamenti è invece legale in nord America. non per nulla da quelle parti ci sono grossi problemi di salute per la presenza di elevati tassi di popolazione obesa, causati da tanto junk-food in circolazione. le lobbies dell’alimentazione hanno il potere di piegare le amministrazioni federali e, addirittura, centrali ai loro voleri, dettando le condizioni che regolano i locali mercati. non sai da quanti anni le associazioni dei consumatori stanno combattendo, per esempio, per vedersi riconosciuto, finora invano, il diritto di sapere se il cibo che comprano sia di origine OGM oppure no. potrei raccontarti dell’altro, ma non vorrei annoiarti troppo…